La magistratura italiana è un centro di potere di cui si conoscono pochissimi aspetti

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Magistratura italiana e potere costituiscono un binomio difficilissimo da esporre e comprendere a fondo. Per parlare della magistratura italiana non è certo sufficiente un post, forse neppure un trattato. È questo un universo sconosciuto e nascosto, che la maggior parte dei cittadini non è in grado di affrontare con i propri mezzi, il che fa sì che ciascuno di noi sia esposto quotidianamente a rischi non immaginabili. Pensi di essere a posto e non avere nulla da temere, ma non hai idea di quello a cui potresti andare incontro. Non c’è bisogno di sgozzare la moglie, basta una sciocchezza. Per questo voglio dedicare qualche articolo  a questo argomento. Partiamo da alcune considerazioni di base.

Come primo punto, ti faccio notare che il codice penale italiano porta ancora la firma di Mussolini. Nella foto vedi la versione aggiornata al 2013. L’altra firma è quella di Alfredo Rocco, fedelissimo del Duce e uno dei più spietati fascisti. Se sei simpatizzante nazifascista sarai contento così e puoi evitare di continuare a leggere. Se invece i regimi dittatoriali ti stanno sulle palle, pensa su quali basi riponi la tua fiducia e il tuo rispetto in un giudice quando pronuncia una sentenza “in nome del popolo italiano”.

Il nome di Mussolini e quello di Rocco non stanno lì a caso: in tutto il codice penale si trovano richiami al fascismo, da cui la magistratura italiana attinge a piene mani. Certo, penserai che in tutti questi anni qualche modifica al testo originale ci sarà stata. In effetti ce ne sono state diverse, ma l’unica davvero rilevante è l’abolizione della pena di morte. Per il resto, si tratta di cavilli e commi eliminati o modificati per obsolescenza.

Esempio di retaggi fascisti sono l’oltraggio a pubblico ufficiale, la pubblicazione della sentenza, l’ubriachezza abituale e la radunata sediziosa. Provo a scriverne in questo blog, con tutte le difficoltà di provare a trattare un tema ostico in maniera semplice e potendo contare sulla sola formazione da autodidatta, sulle informazioni carpite da chi lavora o ha a che fare col mondo giudiziario, e naturalmente sull’ausilio del web.

Magistratura italiana – Gli errori giudiziari

Di fronte ai cosiddetti errori giudiziari, che poi spesso errori non sono, si tende a pensare che il giudice o il pm in questione siano persecutori sadici o peggio matti. È lo stesso errore commesso, in passato, nel considerare le SS hitleriane: si riduce la causa di un sistema sbagliato alla deviazione mentale individuale, anziché individuare il contesto, molto più ampio e articolato, che lo crea.
Non credo agli errori giudiziari, o per lo meno, se esistono sono davvero rari. È molto più facile che possa sbagliare un medico, la salute e l’organismo umano sono decisamente più insidiosi della legge. Eppure, quando sbaglia, il medico paga. Caro. Anche se l’ha fatto in buona fede.
Quando una sentenza ti pare assurda, molto probabilmente lo è, non serve la laurea per avere buonsenso e logica. Si arriva a una soluzione perché si deve arrivare a quella soluzione, perché i media e quindi l’opinione pubblica incalzano, perché conviene alla carriera, per altre motivazioni che non ci è dato sapere.

Magistratura italiana – I casi mediatici

Ogni volta che sentiamo parlare di magistratura italiana, avviene sempre col filtro dei media. I media devono fare audience e trovare qualcosa che incolli l’utente al televisore. Quindi ci propongono casi agghiaccianti di sgozzatori seriali, adolescenti killer, stupratori, assassini, sfregiatori di donne, mafiosi e così via. Insomma, il peggio del genere umano, e naturalmente i magistrati che vi si oppongono appaiono in una luce divina. Non si parla certo dell’operaio a cui hanno rovinato la vita per una foto su facebook, o del professore che ha vissuto un’odissea per aver pisciato in un cespuglio; se ultimamente a volte di questi casi si parla, è perché la rete per prima se ne occupa, costringendo a rompere il silenzio. Senza la rete, molto probabilmente quel professore avrebbe perso il posto di lavoro.

Magistratura italiana – La carriera

Ecco, quello che preme sottolineare, è che gli omicidi assatanati stile Olindo e Rosa costituiscono circa il cinque per cento di chi finisce nelle maglie della magistratura. Tutti gli altri sono cittadini come te, che si alzano per andare a lavorare e di punto in bianco si ritrovano in un girone infernale per aver respirato in un luogo in cui non era consentito, ed ecco che il solerte pm di turno si mette all’opera per valutare quale virgola di quale comma del nostro splendido codice del Duce sia stata infranta. Non lo fa perché è sadico, lo fa per fare carriera. Per avanzare ed ottenere promozioni, il magistrato deve compiere delle azioni, azioni penali, appunto, non importa se giuste o sbagliate, purché agisca. E a inizio carriera, quanti più pesci piccoli si mettono nella rete, tanto più si può ambire a essere promosso capitano della nave. Quindi stai attento, quando cammini, a dove poggi il piede, perché se calpesti la merda sbagliata, e magari neanche del tuo cane, poi ti ritrovi sotto processo per anni. Sarcasmo a parte, è meglio perdere un po’ di tempo a informarsi, conoscere il codice, essere preparati. Su internet c’è tutto.

Magistratura italiana – La discrezionalità

La discrezionalità è il margine di valutazione soggettiva concesso ai giudici nell’emettere una sentenza o una misura cautelare. Ovvero, ci sono delle regole, ma può anche decidere come gli gira, se è il caso. Invece di basarsi su dati oggettivi, che dovrebbero essere identici per tutti, ci si basa su valutazioni personali, come la simpatia, il carattere dell’accusato (se è abbastanza umile va bene), o l’umore del momento del magistrato.
Sostanzialmente, si conferisce a un uomo (o a una donna) una moralità superiore tale da poter determinare la vita altrui a propria discrezione. Ciò aumenta il rischio che si verifichino casi ascrivibili al fenomeno del bullismo tra adulti.

Magistratura italiana – Il potere nascosto


Partiamo da una considerazione: salvo pochissime persone dotate di moralità fuori dal comune, chi si trova in una situazione di vantaggio ha tutto l’interesse ad attivarsi per conservarla. E la magistratura italiana, di vantaggi, ne ha tanti, che non basterebbe lo spazio a elencarli qui, basti pensare a ferie lunghissime, orari di lavoro ridotti e lauti stipendi. Per fare un esempio, prendiamo il caso della moglie di un giudice defunto che percepisce una pensione di reversibilità netta di € 7000, senza aver mai lavorato. Eppure, in tutti i duemila servizi scandalo sulle pensioni d’oro, alcune categorie non vengono mai menzionate.

Tutti abbiamo sotto gli occhi ogni giorno lo stato di grazia della classe politica, o dei fortunati che individuiamo come personaggi pubblici, ma proprio la loro condizione di persone conosciute li rende controllabili. Invece, per quel che riguarda la magistratura italiana, ci troviamo di fronte a un potere incontrollabile perché nascosto: quello che succede all’interno dei tribunali è inaccessibile e i maneggi segreti restano chiusi negli uffici.

Nonostante ciò, si continua ancora a considerare le sentenze come rispettabili e la Cassazione come la Bibbia. Ma non è stupidità, è il bisogno di tutti noi di aggrapparsi a qualcosa che ci dia certezze. Abbiamo bisogno di sentirci sicuri, tutelati, e se crollano i pilastri abbiamo paura, preferiamo rifiutare la realtà. Questo però va a discapito di tanta gente che si ritrova con la vita rovinata a causa di un potere troppo poco controllato. Attenzione, perché non si tratta di criminali – questi sul lastrico non ci finiranno mai, poiché comunque i proventi del crimine, nonché gli associati, li tuteleranno -, ma di gente comune.

Tanto più una società è civile, quanto più è impedito ad alcuni la salita senza freni e il potere incontrollato, che determina la caduta rovinosa di altri. Per ora, l’unica arma di difesa sembra essere il web.

Ho dedicato alla magistratura italiana una sezione del mio libro, La grande ammucchiata.

Elisa Rolfo

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