La mentalità di stampo mafioso non appartiene solo ai membri dei clan, è diffusa tra la gente

Qual è la definizione che più fa arrabbiare un italiano? Certamente il sentirsi attribuire una mentalità mafiosa per la sola ragione di essere nato sul territorio. I mafiosi uccidono, derubano, ricattano, rovinano; chi lavora o assiste la famiglia e non ha mai fatto nulla di male se ne chiama fuori e si offende.

Consideriamo però che la mafia in Italia non sta soltanto all’apice, nei clan, tra i padrini, quelli che dicono “minchia” ogni tre parole e non si fanno scrupoli a fare mattanza di vite umane in nome di potere e denaro. La mafia ha radici antiche e salde, ormai tanto capillarmente diffuse che la mentalità mafiosa si è insinuata ovunque, come una cappa d’afa che avvolge tutti, incombe sulle città, e si infila tra i vicoli più stretti e i pori della pelle. Non ce ne accorgiamo, ma ci troviamo a fare i conti con atteggiamenti quotidiani che fanno capo proprio alle basi del pensiero mafioso, ovvero il clientelismo e la prevaricazione, esercitata nei confronti di qualcuno impossibilitato a difendersi. Entrambi i concetti caratterizzano il bullismo tra adulti e sono presenti nel nostro quotidiano senza bisogno che le persone coinvolte siano effettivamente seguaci di Totò Riina. Molto spesso si tratta di atteggiamenti inconsapevoli, dovuti anche alla diffusione dell’analfabetismo funzionale.

I casi più emblematici arrivano dal mondo del lavoro. Consideriamo un imprenditore la cui azienda produce gelati. Un cliente che possiede un centinaio di bar ha necessità di piazzare la figlia e ne richiede l’assunzione. All’imprenditore converrà elargire uno stipendio inutile, piuttosto che perdere una grossa fornitura. Se da un lato non lo si può biasimare, poiché tutti conosciamo la necessità di arrangiarsi per portare aventi un’attività, dall’altro si dovrebbe per lo meno essere coscienti e chiamare le cose col loro nome. Cos’è questo, se non mentalità mafiosa? Inoltre, ciò che sul momento può salvare un discreto giro d’affari, alla lunga produce un grosso danno all’economia, poiché crea un circolo vizioso di denaro buttato in posti di lavoro non producenti. Del resto, l’economia della mafia si basa proprio sull’arricchimento o il benessere immediato di pochi, per l’impoverimento di tutti gli altri nel lungo termine.

Consideriamo ora un episodio più spicciolo, alla portata del nostro quotidiano. Un posto di lavoro alle dipendenze, siano esse pubbliche o private, prevede lo svolgimento di una mansione specifica, e se capita che si esageri talvolta nel non accettare un minimo di flessibilità, è pur vero che non è infrequente trovare datori di lavoro o superiori che costringono sotto velato ricatto i loro sottoposti a commissioni che nulla c’entrano con la professione, come prenotare le vacanze o andare a prendere i figli a scuola.
Pensiamo a una preside che manda la segretaria o la bidella a farle la spesa facendo leva psicologica sul proprio potere. Il meccanismo regolatore non è forse mentalità mafiosa? Come potrebbe comportarsi dunque la sottoposta in questione? L’ideale sarebbe documentare il tutto e sporgere denuncia, soprattutto per un dipendente pubblico non dovrebbe tradursi in rischio concreto di perdere il posto di lavoro. Eppure, non è affatto facile, è chiaro che si tende alla sopportazione e accettazione in nome del quieto vivere, pochi infatti se la sentono di sopportare la mole di stress che comporterebbe una causa, considerando la spesa e l’estenuante e lunghissimo tempo da vivere col timore dell’intimidazione. Senza le necessarie tutele, dunque, un peggioramento della vita non indifferente.
Un escamotage meno gravoso potrebbe essere fingere un malore durante il tragitto compiuto dalla bidella per andare a fare le compere, o da chiunque si trovi fuori dal posto assegnato a svolgere mansioni non consone. In questo modo, si renderebbe necessario un intervento esterno che porterebbe alla luce l’accaduto, con tutte le conseguenze del caso. Ci pensino, dunque, le segretarie che vengono inviate alle commissioni di cortesia dai capi.

Un problema rilevante del commercio è che tanta gente non ha ancora capito che questo è un libero scambio, ovvero merce in cambio di denaro, e che l’approvvigionarsi in un esercizio non è un favore reso al titolare. Non prendiamoci in giro con slogan populisti: nessuno va nel negozio di quartiere per “farlo vivere”, ma perché in quel momento ne ha bisogno. Diversamente, andrebbe altrove senza alcuno scrupolo. Di fatto la pretesa del trattamento di favore con utilizzo del ricatto di non frequentare più un determinato esercizio, o peggio, di attivarsi per danneggiarlo, è identica, se non nella gravità, nel meccanismo, alla richiesta del pizzo. Ciascuno ha libertà di servirsi dove più gli pare, senza bisogno di sottolinearlo, la minaccia del mancato introito e quindi di danno è chiara mentalità mafiosa.
Questo si può riscontrare anche leggendo molte recensioni negative su Trip Advisor, che vengono scritte per dispetto.

Cosa fare? Chi può, deve allontanare queste persone. Mandarle via, in massa, poiché arrecano danno all’economia. All’inizio può sembrare pericoloso e controproducente, ma consideriamo il lungo periodo: a fronte di un piccolo ammanco iniziale, l’allontanamento della clientela dannosa porterà giovamento all’attività lavorativa, che sarà svolta meglio e con meno pressione; inoltre, maggiore sarà la disponibilità e la dedizione nei confronti dei clienti buoni, che preferiranno recarsi in un ambiente pulito. Più le persone dannose verranno allontanate, più si troveranno isolate.


Rimane il problema per chi si trova impossibilitato a operare detta scelta, in quanto lavoratore subordinato. Purtroppo non esistono associazioni in grado di aiutare, i sindacati non si interessano della questione se non in caso di mobbing da parte di un superiore, ma di fatto un cameriere non troverà mai chi lo difende dalla clientela molesta. L’unica soluzione è usare il web e segnalare il più possibile, su social e blog, prestando ovviamente la massima attenzione alla forma, per non incappare in denunce. Molto può essere fatto attraverso l’informazione online: le segnalazioni tengono alta l’attenzione e sono più utili di quanto sembri, oltre a essere al momento la sola forma di difesa in alcune circostanze.

Per tutti gli altri, per chi ne ha la possibilità, non resta che abolire la mentalità mafiosa allontanando chi la applica in massa. Fuori dai ristoranti, dai parrucchieri, da qualsiasi esercizio commerciale. Anche se piccola, non armata o disorganizzata, pur sempre di mafia si tratta.

Ho parlato di mentalità mafiosa in un capitolo del mio libro La grande ammucchiata. Storie di quotidiana idiozia.

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