La proprietà privata è un concetto che sta a cuore a molti, ma che pochi rispettano davvero

La proprietà privata, baluardo di tanti che ne declamano la sacralità, è a pensarci bene un’entità viscida e instabile come un enorme mollusco galleggiante e indefinito. Finché si parla delle mura di casa nostra, o della nostra auto, è tutto molto chiaro: guai a chi le tocca o vi si introduce, alcuni chiedono addirittura licenza di uccidere per il furto di una mela. Ma il privato è un concetto molto più ampio e non riguarda solo gli oggetti o i terreni, ma tutto ciò che ci appartiene, sia esso tangibile o meno, ed è, per l’appunto, personale. Quindi, ciò che attiene alla sfera individuale e a nessun altro se non all’individuo stesso: in parole semplici, i fatti nostri. In questo caso, assistiamo a continue violazioni della proprietà privata, poiché quando si tratta si invadere gli spazi altrui sembra davvero di vivere in una comune anarchica. O fondiamo davvero un’organizzazione societaria basata sull’anarchia, come piacerebbe ai movimenti antagonisti, o sarebbe auspicabile imparare a rispettare il privato in ogni sua forma, allontanando gli scocciatori.

I pubblici esercizi, i punti di ristorazione e i locali sono sì aperti al pubblico, ma proprietà privata. È quindi affare privato del proprietario l’impostazione dell’attività e il suddetto non è tenuto a riferire i motivi delle sue scelte. Il bar può non vendere i gelati o non tenere le slot machine e non deve spiegarne il perché; un ristoratore può evitare di cucinare carne di pollo se non lo ritiene appropriato alla strategia aziendale. Chi desidera mangiare pollo può recarsi in un ristorante alternativo, anziché importunare il primo gestore richiedendo ciò che quell’esercizio non offre, proprio come a casa nostra decidiamo il colore del divano o la disposizione dei mobili, senza spiegare pubblicamente perché facciamo una cosa e non l’altra.
Quanto questo semplice concetto non venga applicato è riscontrabile leggendo molte recensioni negative su Trip Advisor.

Allo stesso modo, l’intestatario di una proprietà privata dovrebbe poter stabilire liberamente chi far entrare e chi no, dal momento che la locazione e relative spese sono a suo carico. Su questo punto va specificato che tale diritto non deve portare alla discriminazione per motivi razziali, sessuali o di genere, poiché si andrebbe a ledere la dignità della persona, che è più importante della proprietà privata: non posso negare l’ingresso nel mio locale a una persona di colore, ma posso non far entrare chi indossa scarpe gialle, se a me non piacciono; chi se le vuol mettere può benissimo andare da un’altra parte, la libertà di scelta è sempre reciproca.

Il privato non riguarda soltanto gli aspetti tangibili, ma tutto ciò che attiene alla personalità; il modo di essere e di vestire, a chi vogliamo donare amicizia o confidenza. Abbiamo diritto di scegliere come trascorrere il nostro tempo libero, dove andare in vacanza, se preferiamo stare soli o in compagnia, con chi chiacchierare. Sembra banale, ma pare non lo sia affatto, altrimenti non subiremmo un continuo bombardamento di commenti, sguardi, filippiche non richieste, domande a cui non dovremmo rispondere. Questo si verifica soprattutto nei contesti di bullismo tra adulti. Certo, ben vengano sempre il confronto e la sacrosanta libertà di espressione, ma qui non si tratta di esprimersi o confrontarsi, bensì di impicciarsi, a tempo perso, in affari che non ci riguardano.

Ho parlato del mancato rispetto della proprietà privata nel mio ultimo libro, La grande ammucchiata. Storie di quotidiana idiozia.

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