Mobbing e bullismo sul lavoro: analogie e differenze

mobbing e bullismo sul lavoro

Il mobbing è reato, il bullismo sul lavoro no. La differenza è sottile.

Quali sono le analogie e le differenze tra mobbing e bullismo sul lavoro?
Ho già scritto a proposito del fenomeno del bullismo in età adulta, che colpisce spesso ed è infimo, perché non sta sotto i riflettori come quello adolescenziale.
Nel mio nuovo libro, Bullismo tra adulti – Riconoscerlo, difendersi, combatterlo, ho voluto dedicare un capitolo al problema del  bullismo sul posto di lavoro.

Il mobbing riguarda nello specifico la persecuzione sul posto di lavoro ed è un reato. Proprio per questo, però, si devono verificare comportamenti precisi e classificabili per poterlo denunciare e perseguire, e tali comportamenti devono essere piuttosto gravi.
Il mobbing può essere verticale, ovvero esercitato da un superiore su un sottoposto, oppure orizzontale, quando a prenderti di mira sono i colleghi tuoi pari, coalizzati tra loro, oppure un solo bullo che da solo ti rende le giornate impossibili.

Non è facile dimostrare il mobbing, poiché trattandosi appunto di un reato perseguibile penalmente, necessita il verificarsi di fatti gravi e soprattutto comprovati, ed è a carico della vittima procurarsi prove e testimonianze senza le quali il mobbing non è dimostrabile e decade.
Naturalmente c’è anche chi ce l’ha fatta a denunciare il mobbing e ad avere ragione e uscirne, ma si tratta di casi piuttosto rari.

Nella gran parte delle situazioni si continua a subire il bullismo sul lavoro, vuoi perché non si verificano gli estremi del mobbing, oppure perché non si riesce a procurarsi gli elementi utili a una causa penale.
Di fatto, il bullismo tra adulti sul lavoro non è reato, però c’è e crea danni, e proprio qui sta il principale problema. Ed è questo ciò che più spesso si verifica, non è penalmente perseguibile ed è derubricato a normale amministrazione, ma è una normale amministrazione che può rovinarti la vita.

Di fatto, non c’è bisogno che il tuo capo ti insulti pubblicamente o ti urli continuamente in faccia, questo è chiaramente mobbing e se uno proprio non è stolto presta attenzione a non caderci. Il bullismo sul lavoro è molto più infimo e sottile, caratteristiche del resto che sono proprie di tutti i casi di bullismo tra adulti.
È sufficiente lanciare frecciatine, battute, assumere atteggiamenti arroganti che vanno a logorarti e danneggiarti e certamente non costituiscono elementi di denuncia per mobbing.

Tale atteggiamento si verifica anche tra colleghi alla pari, in un contesto in cui ti ritrovi a essere la pecora nera, quello meno amalgamato. Basta avere interessi diversi, un’ambizione personale, un pensiero un po’ fuori dagli schemi, per venire additati o esclusi. Possono non invitarti a un aperitivo, formare crocchie da cui vieni tagliato fuori, farti percepire chiaramente un’ostilità parlottando in modo allusivo. E questo non si può certo classificare come mobbing, non ci sono gli elementi per una denuncia penale.

La differenza di fatto sta proprio nella questione penale, nella differenza tra ciò che è reato e ciò che non lo è, ed è una differenza davvero sottile.
L’unica soluzione adottabile per difendersi è il distacco. Devi renderti conto che è inutile domandarti cosa tu abbia fatto per meritare di essere preso di mira, non c’è bisogno di aver fatto nulla, basta avere una visione diversa, un progetto di vita che va al di là della banalità, e tutto ciò che esce dalla banalità infastidisce.

I casi di “semplice” bullismo sul lavoro sono grandemente più numerosi di quelli di mobbing ed è necessario assumere strategie di difesa efficaci. Quello che negli anni ho imparato analizzando queste forme di persecuzione e avendole anche subite, è che in questi casi vince la freddezza. Non pensare nemmeno di perdere tempo provando a farti accettare e benvolere, rischi davvero di peggiorare la situazione mettendo i bulli in condizioni di approfittare della tua buona fede.

Il distacco è ciò che fa infuriare i bulli rendendoli impotenti, devi fare attenzione a non cedere alla tentazione di reagire con aggressività, pure se lo meritano. Meglio la presa per il culo, la freddezza, lo sguardo fiero e schifato. Nulla fa abbassare la testa a un bullo più dell’essere guardato con schifo. Nel momento in cui capiscono di non avere più potere smettono di attaccare e ciò non può avvenire se continui a mostrare di rimanerci male.
Dietro le spalle continueranno a dirti di tutto e di più, su questo c’è poco da fare, ma nell’approccio diretto vedrai più rispetto e di fatto è questo che poi ci interessa, del resto puoi fregartene.

Ora, non voglio mentirti dicendoti che applicando queste strategie in un attimo tutto cambia e diventa facile. Insisto però sul distacco e sulla freddezza come arma micidiale per difendersi nel caso tu sia vittima di bullismo sul lavoro, come ho già scritto nell’articolo su come difendersi dai bulli, nel momento in cui l’aggressore si sente molto piccolo e insignificante perde potere.

Per fare questo è necessario allenare la giusta calma e la capacità di avere la risposta pronta usando la conoscenza.
Nel tempo e applicando il tutto in modo corretto, vedrai senz’altro i risultati arrivare.

Buona giornata,
Elisa Rolfo


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